L’autolesionismo e il suicidio sono due fenomeni delicati e complessi, che spesso derivano da condizioni di disagio emotivo e psicologico profondo. L’autolesionismo consiste nell’atto volontario di procurarsi dolore fisico o ferite al proprio corpo senza l’intenzione consapevole di causare la propria morte, spesso come meccanismo per alleviare o gestire sofferenze emotive. Il suicidio, invece, è un gesto estremo volto deliberatamente a togliersi la vita, generalmente come conseguenza di un’intensa sofferenza psicologica vissuta come insostenibile e senza via d’uscita.
Le condizioni cliniche più frequentemente correlate all’autolesionismo e al suicidio includono:
- Depressione maggiore
- Disturbo bipolare
- Disturbo borderline di personalità
- Disturbi d’ansia
- Disturbo da stress post-traumatico (PTSD)
- Disturbi dismorfofobici
- Disturbi dell’alimentazione
- Abuso di sostanze o dipendenze
È importante sottolineare che non tutte le persone che soffrono di queste condizioni sviluppano comportamenti autolesivi o idee suicidarie, ma la presenza di tali disturbi aumenta significativamente il rischio.
Rivolgersi a uno specialista è sempre utile, in particolare quando:
- Sono presenti pensieri ricorrenti o frequenti di farsi del male o di suicidarsi.
- Si è già manifestato un episodio di autolesionismo o un tentativo di suicidio.
- Il dolore emotivo risulta difficile o impossibile da gestire autonomamente.
- Si osservano cambiamenti drastici dell’umore, isolamento sociale significativo o una riduzione delle proprie attività quotidiane.
L’intervento tempestivo di uno psicologo o psichiatra può aiutare a comprendere e gestire queste emozioni, riducendo così i rischi e migliorando la qualità della vita.